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La Croma blindata nella quale persero la vita, il 23 maggio del 1992, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, i ragazzi della scorta del Giudice Falcone, negli anni scorsi ha fatto il giro di Italia.
Messa in mostra per dire la violenza che quel giorno squarciò corpi e vite.
Non deve essere facile per nessuno dei parenti delle vittime di mafia vedere dove i corpi dei loro cari sono stati 'uccisi'.
“La mafia," disse Falcone, "non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società."
Questa consapevolezza fu anche la causa della sua condanna a morte. Non deve essere facile per i familiari di tutte le vittime innocenti di mafia avere la consapevolezza che 'la mafia non prolifera per caso...'.
Per questo è necessario che tutti facciamo memoria. -
«Martedì 21 maggio, alle ore 11, ogni insegnante, studente, cittadino che voglia riaffermare la libertà di pensiero e di insegnamento, dovunque si trovi, interromperà le proprie attività, si metterà in piedi e leggerà di seguito gli articoli 21 e 33 della Costituzione italiana. Laddove possibile la lettura solenne sarà fatta in gruppo.»
(Dal comunicato stampa)L’hashtag è #iononSorveglioSveglio.
La proposta è dei docenti del Liceo Anco Marzio di Ostia che invitano tutti i colleghi di tutte le scuole d’Italia di ogni ordine e grado a fermarsi un attimo domani, martedì 21 maggio, alle 11 e leggere ad alta voce gli articoli 21 e 33 della Costituzione che sanciscono la libertà di pensiero e di insegnamento.
Teacher's Pride. Perché la scuola in Italia è pubblica, non è scuola filogovernativa. Chiunque governi. Ricordarlo tutti insieme significa ricordarci il valore dell’istruzione e il ruolo fondamentale della scuola e dell’insegnamento in un Paese democratico.Un attimo fuggente quello di domani. Il più importante che un insegnante possa regalare ai suoi studenti.
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Se questo è il video che studenti di una scuola media superiore hanno usato per spiegare come si arrivò alla Shoah attraverso l'introduzione delle leggi razziali da parte dello Stato trovando assonanze evidenti con il 'decreto sicurezzza' propagandato con orgoglio dai leader al Governo oggi, allora lo pubblichiamo anche noi.
Se questo è il video che ha spinto il sottosegretario ai Beni Culturali, Lucia Borgonzoni, a scrivere in un tweet: “Se è accaduto realmente andrebbe cacciato con ignominia un prof del genere e interdetto a vita dall’insegnamento. Già avvisato chi di dovere”, facendo scomodare veramente gli ispettori del Ministero, che hanno ritenuto la docente colpevole di mancata vigilanza perché doveva far tagliare le foto sotto la scritta 'oggi', siccome questo 'è stato', allora lo pubblichiamo anche noi.
Oggi, il giorno dopo la sentenza che ha condannato la docente Rosa Maria Dell’Aria, occorre essere partigiani.
E nessuno venga a dirci che questa sentenza non è la conseguenza di un clima di ritorno al fascismo.
Un plauso enorme ai ragazzi che hanno costruito quel video. Ci dicono esattamente il ruolo della scuola e le competenze di analisi e giudizio che deve saper attivare.
Ci dicono che studiare la Storia serve a capire il presente perchè ciò che è stato di disumano non accada ancora.
Soprattutto quando a farlo accadere è lo Stato con le leggi che vara. -
Massimo Recalcati ha scritto che insegnare è una forma di erotismo. Eros = amore. Non è vocazione e nemmeno sacrifico.
Se insegni perché ti senti chiamato a salvare il mondo, sei fuori strada. Se entri classe e senti che quella è la tua croce, hai sbagliato mestiere.
E i ragazzi lo capiscono: ci guardano, ci squadrano e ci inquadrano.
Ma... è difficile insegnare con questi ragazzi, in queste scuole, con questi programmi, con questi colleghi, con questi ritmi tenendo viva la passione, l'amore per la scuola. Difficile ma non impossibile.Ce la possiamo fare a estromettere dalla scuola l'idea dell'impossibilità. A non essere fascicoli da compilare o un fascicolo tra tanti.
Un libro, due autrici e formatrici, Annamaria Gatti e Annamaria Giarolo, un venerdì pomeriggio nella 'casa' di edizioni la meridiana per confrontarci e sperimentare come insegnare e stare bene in classe e ridirci: io amo la scuola.
Tutte le informazioni a questo link.
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Lo scatto finale accenna soltanto al clima. Noi possiamo solo dirvi che il corso aveva quattro appuntamenti in aula e uno di tutoraggio e insieme, corsiste e formatrice, hanno deciso di inserire un altro appuntamento comunicandoci la data.
Che martedì 30 aprile, data di fine corso, la nostra sede era un luogo di confronto e vitalità esplosivi; che ognuna delle participanti ha sperimentato in classe, verificandone i risultati con le corsiste i processi di facilitazione appresi durante il periodo di formazione, e che noi siamo stati investiti del compito di ragionare in termini formativi ed editoriali su quanto potenzialmente di innovativo c'è nella facilitazione a scuola e non solo a scuola.
Un gruppo di docenti molto qualificato con una formatrice molto preparata e generosa nel condividere il suo sapere.
Facilitare è un processo.
Un corso sulla Facilitazione a scuola è stata, fin dalla pubblicazione di Facilitiamoci! Prendersi cura di gruppi e comunità, una idea sulla quale abbiamo lavorato con Melania Bigi e Comunitazione. Dopo due anni il primo corso è stato fatto.
E, finalmente, di come la scuola può cambiare se agli insegnanti viene dato il 'potere' di farlo e hanno voglia di mettersi in gioco sperimentando realmente ci è stato dato un assaggio.
Questa foto segna non la fine del corso ma un istante di un processo che è ancora tutto da far accadere. -
È scritto così: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Quindi il lavoro fonda la democrazia della nostra Repubblica.
Chi lo ha non dimentichi che, lavorando ogni giorno, rifonda e consolida il carattero democratico del nostro Paese.
Chi lo cerca, lo cerchi pensando che nelle radici della nostra Costituzione affonda il destino migliore pensato per il nostro Paese: l'essere una Repubblica democratica.Repubblica, democrazia, lavoro. Senza una delle tre parole viene meno tutto il resto della nostra Costituzione e della nostra dignità di persone e cittadini.
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Scriveva alcuni giorni fa Michele Serra che dovremmo cominciare a "rivendicare i libri letti come i calli sulle mani".
E in effetti di un lettore che legge molto si dice 'lettore incallito'.
Questo è il complimento migliore che si può fare a scrittori, lettori, editori. E farlo oggi, 23 aprile, è una forma resiliente di cittadinanza.
Perché il 23 aprile è riconosciuta dall’UNESCO come la giornata in cui si festeggia la lettura.
Una festa nata in Spagna, in Catalogna, in occasione della ricorrenza di San Giorgio, patrono della regione. Era consuetudine che gli uomini regalassero alle donne una rosa. I librai fecero lo stesso con le clienti per ogni libro acquistato durante quella giornata.
Noi non possiamo spedirvi le rose. Ma i libri sì. E oggi più che mai vi invitiamo a sfogliare il nostro catalogo e a trovare il libro che fa per voi.
Perché avere i calli in quanto lettori è una forma, oggi, per rispondere, punto su punto, al silenzio a cui si vuole costringere la nostra coscienza di cittadini. -
Il 20 aprile del 1993 era un giorno di sole.
Alle 3 del pomeriggio non si fece buio ma un brivido percosse le case, le strade, le anime, i cuori di molti. Sentivamo nella tristezza del dolore di aver conosciuto un uomo in cui credere, un pastore che liberava la ricchezza depositata in ogni persona. Uno che incalzava l'oltre.
Sono le singole persone che conducono la speranza oltre la soglia del lamento e la fanno esperienza di comunità.
Sine modo. Senza misura. Oltre ogni differenza.
Altrimenti non è Pasqua.
Che è la festa dell'andare oltre.
Oltre anche la certezza della tua morte per indicare con il volto scavato dal dolore la strada della Pace. -
Gli scienziati confermano: ci estingueremo un attimo dopo che l’ultima ape avrà cessato di volare. È scientificamente dimostrato che le api passando di fiore in fiore portano la certezza della vita sempre un po’ più in là. Un fiore, e una certezza di vita in più per tutti. Un altro fiore, un’altra manciata di esistenza garantita. Per una di quelle infauste azioni di cui noi umani siamo capaci, le api sono a rischio estinzione. Mancano i fiori, mancano le api, manca la vita. Mancheremo noi. Ma la catena funziona anche così: mancano le api, manca la vita, mancano i fiori. Mancheremo noi. Noi mancheremo per ultimi. Un sorta di condanna meritata perché, pur conoscendo a memoria che per fare tutto ‘ci vuole un fiore’, abbiamo pensato che fosse solo il ritornello di una canzone e che invece il poeta non avesse voluto dirci qualcosa. Le api ci dicono che la vita non dipende, ma interdipende. Che una foresta che scompare è un problema planetario, che la plastica nei mari ci ritorna in tavola. Che possiamo creare l’intelligenza artificiale, ma ‘di fiore in fiore’ è l’azione che regge il sistema vivente. La foresta amazzonica, come gli ulivi di Puglia, le piogge tropicali nel centro e nord Europa come la nebbia non più in Val Padana sono il segno di un clima e di una economia che cambia. O di una economia che ha cambiato il clima. Il rapporto, in natura, non è solo di causa effetto e non è mai immediato. Ci vuole tempo perché un fiore diventi tavolo. Ci vuole tempo e noi abbiamo poco tempo. C’è una generazione over ‘anta’ che fatica a vedere e capire perché abituata a pensare e pensarsi in un tempo dell’ora et consuma: ‘prega che le cose cambino, ma nel frattempo goduti tutto ciò che puoi, consuma e accumula’. C’è una generazioni di adolescenti che non ha ancora il diritto di voto ma che si è messa in marcia con Greta Thunberg per dirci che hanno il diritto, loro e la terra, gli alberi delle grandi foreste come l’Amazzonia o gli alberi di una regione del mediterraneo, a un futuro in cui respirare e nutrirsi. La nostra generazione avrà inventato l’intelligenza artificiale e anche scoperto il cibo sintetico. Ma se mancano le api, mancheremo noi. Un attimo dopo che la Natura non ci sarà, non avremo nemmeno il tempo di capirlo in laboratorio. Perché non siamo sintetici e nemmeno artificiali. Siamo fatti di materia. Di acqua e di aria buona. E come i fiori, ne abbiamo bisogno.
Ci salveranno le api. Se noi salveremo le api.
(Elvira Zaccagnino su "Madre. Il mensile della famiglia")
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Già dall'incipit ieri sera Lazzaro Gigante ci ha fatto capire che non avremmo ascoltato le solite cose su don Tonino. Una sfida inedita, tratteggiare il profilo di don Tonino educatore liberandolo dall'apologia nostalgica ma interrogandolo come maestro che ha saputo liberare la ricchezza dell'uomo.
Ci è riuscito, Lazzaro Gigante. Solo lui poteva farlo così bene.
Abbiamo ricevuto in dono ieri sera, all'ultimo appuntamento del ciclo di incontri Artigiani dell'Imprudenza, una lezione che ha costruito l'impalcatura del pensiero e della praxis di don Tonino.
Non una testimonianza, una delle tante, ma uno studio vivo.
E la sintesi che è anche la prospettiva sta nella sua prima affermazione: «Come educatore, don Tonino è stato risvegliatore di coscienze. Come quella mosca bianca di cui parlava Socrate che spinge il tardo cavallo.»
Il tardo cavallo e la mosca bianca.
Una immagine antica e vera.
Una immagine potente per gli artigiani dell'imprudenza di oggi.