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Il secondo principio della termodinamica, ci ha spiegato Michela Prest a Disegnare comunità. L'apprendimento come esperienza est-etica, se applicato al sistema scuola, ci dice che questa se vista, vissuta, organizzata come un sistema chiuso è destinata a morire. La dispersione degli alunni ha origine nella chiusura della scuola.
Ma anche se applicato alla comunità, a un gruppo di lavoro, a una famiglia, il principio termodinamico funziona allo stesso modo. I dispersi della società sono il risultato della chiusura della società.
Tutto ciò che si chiude a energie e nutrimenti provenienti dall’esterno è destinato a finire. La cancrena è l'immagine più efficace.
Funziona così anche il nostro corpo. Se non ricevesse nutrimento dall’esterno (cibo), non genererebbe l’energia per portare sangue, e quindi vita, ad ogni singola cellula. Disperdere energia significa consentire il movimento, le contaminazioni, i confronti, le esperienze.
Ma non sono una legge o un decreto che rendono la scuola un sistema aperto.
La differenza la fanno gli insegnanti e i dirigenti per primi.
La differenza la facciamo sempre noi nel modo in cui scegliamo di viverci nelle nostre professioni.
In fondo chi essere con la nostra vita possiamo deciderlo ancora noi. Ed è bene ricordarcelo. -
"In fondo, signorina, se quello lì avesse voluto farle qualcosa, per come è piccolina lei di statura, vuole che non lo avrebbe già fatto? Tranquilla se ne torni a casa, vedrà che non le succederà nulla."
E denuncia dopo denuncia, Santa Scorese da vittima diventa colpevole e da una donna ‘viva’, in una sera come tante altre, diventa una donna ‘morta’, ammazzata per strada, mentre ad una ad una restano chiuse le finestre delle case della via.
Certo, una targa oggi dice che Santa Scorese è una vittima di femminicidio.
Ma tra vivere e morire, anche se piccola di statura, Santa avrebbe preferito di gran lunga vivere.
Guardiamo il suo volto. E ricordiamo la sua storia con il libro che dice di lei, non con la targa che dice la strada a lei intitolata a futura e perenne memoria.
Aver inserito il libro tra quelli a 1 Euro del nostro Black Friday appena trascorso è stata una provocatoria azione di convincimento a leggerlo e a farlo leggere, perché dopo ogni qualsiasi denuncia di una donna scattino le azioni dovute e necessarie perché, poi, a quella donna e alla sua morte non ci siano una targa e una strada dedicata.
Anche se il Black Friday è passato, la provocazione resta. -
La brutta storia dell’insegnante presa a sediate riaccende il dibattito sulla violenza a scuola.
Pensiamoci però: la scuola non è il riflesso del Paese ma è il Paese. E il tema educativo e quindi politico è la violenza e il potere che le stiamo conferendo nella tessitura dei legami di comunità.
La violenza è un modo per tenere una comunità. Come anche la nonviolenza.
Se nelle urne si sceglie la prima, perché la sedia lanciata è più grave della croce messa su una scheda elettorale dando consenso a una politica violenta?
Meglio della qualifica di pubblico ufficiale, che già gli insegnanti hanno e che qualcuno vorrebbe rafforzare, dovremmo educarci ed educare alla qualifica per tutti di 'persona'. -
Che poi dipende tutto da cosa decidi di fare da grande.
Se vuoi fare il comico e comico diventi, reciti la tua parte comica sempre. Far diventare l’altro caricatura di se stessi per far ridere altri ti è consentito dal mestiere che fai, e pensi di prenderti tutte le licenze possibili visto che oltre gli applausi, hai preso pure il voto dei cittadini.
Se invece da grande vuoi fare l’editore allora la strada è un’altra e quando ti imbatti nelle diverse possibilità degli altri che hanno necessità diverse dalla massa, perché sei editore, fai libri per loro.
Dipende da ciò che vuoi fare da grande. Noi abbiamo scelto di pubblicare Parimenti ad esempio, per quelli caricaturizzati in una festa di movimento di governo che vuole cambiare il Paese.
Perché si fanno scelte politiche, ad alto impatto di inclusione sociale, anche pubblicando libri.
O, come il nostro caso, i libri li fai con loro. -
C’è qualcosa che ha a che fare fortemente con l’educare. Ed è la vita. L’educazione stessa è vita. Matthew Fox scrive che non si educa per vivere, ma si vive per educare. Per cui, potremmo dire che chi educa si occupa della vita che sarà. Di come cioè si organizza il vivere di ognuno. Senza giri di parole ce lo ha detto Asia all’ultimo convegno chiedendoci di parlare di “mare, meduse, pesci”, sistemi viventi di un ambiente totalmente diverso e altro da quello che entra nei nostri processi educativi e di cura che noi abitiamo quotidianamente, fortemente però legato alle nostre scelte, abitudini di vita, ai modi attraverso i quali generiamo il nostro rapporto con i sistemi viventi interagendo nella nostra dimensione di corpi con una intelligenza, con un cuore e una coscienza. Dimensione del pensare/conoscere, amare/sentire dentro, discernere/scegliere. In fondo decidiamo con la testa, con il cuore, con la nostra coscienza come stare e come permettere agli altri di stare a questo mondo. E a quello che sarà.